Temporary Export Manager, il processo di internazionalizzazione delle PMI nel settore biomedicale

Temporary Export Manager, il processo di internazionalizzazione delle PMI nel settore biomedicale

Abbiamo rivolto al Temporary Export Manager Pierpaolo Galbusera, consulente nell’ambito del progetto SEBiomeD, alcune domande per conoscere meglio il ruolo del Temporary Export Manager e le modalità di supporto alle PMI nel settore biomedicale durante il processo di internazionalizzazione delle imprese.

 

Quanto è importante nell’attuale contesto economico riuscire ad espandere il proprio mercato, identificando nuovi potenziali clienti e buyers all’estero, per costruire un percorso di crescita e di nuove opportunità aziendali?

 

Oggi è importante espandere i propri mercati per diversificare il rischio. Quando un mercato pesa troppo percentualmente sul totale del fatturato, si è troppo legati agli alti e bassi di quel mercato. È chiaro che questo aspetto è relativo alle dimensioni aziendali. Una piccola impresa, di solito non riesce presidiare con successo un elevato numero di mercati. Il mio consiglio è quello di presidiare almeno quattro mercati. Per usare una metafora: quattro mercati, come le gambe di un tavolo. Se una gamba viene meno, riesco ancora – seppure con qualche difficoltà – a tenere in piedi il tavolo. Ovviamente va fatta un’analisi dei vari mercati, per capire quali sono i mercati più demanding per i miei prodotti. Oggi esistono molti strumenti per effettuare queste analisi. È importante partire dalle dimensioni potenziali dei mercati e non affidarsi solo al sentito dire.

 

Quali sono le sfide più comuni che le piccole e medie imprese (PMI) non solo nel settore biomedicale devono affrontare quando cercano di espandersi a livello internazionale? Come un Temporary Export Management può aiutare a superarle?

 

Dopo aver fatto un’analisi dei mercati è importante anche analizzare cosa fanno i miei concorrenti. Oggi l’offerta è enorme, in tutti  i settori. Si parla infatti di ipercompetizione. È importante allora elaborare una strategia che parta da una chiara value proposition. Dobbiamo metterci nei panni dei nostri clienti – attuali e potenziali – e capire perché acquistano i nostri prodotti. In altre parole, è importante capire quali sono i nostri punti di forza, gli elementi sui quali far leva per essere convincenti quando si contatta un nuovo cliente/distributore. Il temporary manager esperto aiuta l’azienda in queste analisi, e ha il vantaggio di ragionare out of the box, in modo imparziale.

 

Quali sono i rischi e i vantaggi dell’internazionalizzazione?

 

I rischi sono quelli di disperdere le proprie energie – umane e finanziarie – su troppi mercati, senza diventare fornitori importanti per nessuno. Ancora una volta dipende dalle dimensioni aziendali, non dobbiamo fare il passo troppo lungo. I vantaggi – oltre al fatturato che cresce – sono poi quelli di confrontarsi con esigenze e mentalità diverse. E questo porta ad una crescita culturale dell’azienda.

 

Per le PMI espandersi nei mercati internazionali è spesso una sfida molto complessa. Può condividere alcuni strumenti/metodologie che tu solitamente utilizza per avviare il processo di internazionalizzazione nelle imprese non ancora strutturate per l’export?

 

Io uso un metodo che ho anche sintetizzato in una guida che si chiama Esportare in 7 mosse. Ho utilizzato questo metodo per fare un check- up delle quattro aziende che partecipano al progetto SEBiomeD e per ognuna di esse ho dato dei consigli ad hoc.

I 7 step sono:

  1. Un’analisi dei mercati per capire quali sono quelli più demanding
  2. Un’analisi dei concorrenti (soprattutto dei primi della classe)
  3. Un’analisi interna per capire punti di forza e di debolezza
  4. La definizione di una strategia (sintesi dei punti precedenti)
  5. La costruzione di un database di potenziali clienti
  6. La messa a punto di alcuni strumenti di comunicazione/presentazione indispensabili
  7. Come effettuare un primo contatto

Si tratta di concetti semplici ma che vanno seguiti con un percorso logico.Fondamentale oggi è anche saper usare gli strumenti digitali che possono dare una marcia in più. Soprattutto per le piccole imprese. Le pubblicazioni nelle quali ho approfondito questi due aspetti sono:

 

 

Ritiene che il modello delle Reti di imprese possa favorire una maggiore penetrazione dei mercati globali contribuendo a ridurre il gap che caratterizza le piccole imprese grazie alla collaborazione con aziende più strutturate?

 

Il modello delle reti può essere un utilissimo strumento per dare un impulso ai processi di internazionalizzazione. Ancora una volta soprattutto per le piccole imprese. Anche nel caso del progetto SEBiomeD, chi era più grande e strutturato ha messo a disposizione il proprio network internazionale a beneficio delle altre aziende. Perché ciò avvenga è ovviamente necessario che le imprese aderenti alla rete non abbiano prodotti in concorrenza. Così come è avvenuto per questo progetto. Purtroppo, però, nella realtà , il comportamento è quello dell’Italia dei Comuni. C’è molto individualismo e poca propensione a fare squadra.